Ex-Libris

Un ex libris (abbreviazione del latino “ex libris meis”, “dai miei libri”) è un’etichetta, solitamente ornata di un motto e di uno stemma o di altra rappresentazione grafica, che si applica su un libro per indicarne il proprietario. Contrassegno di proprietà che si appone a un libro: può essere semplicemente il nome scritto, o un timbro, o una vignetta può essere cartacea, in materiali pregiati o sotto forma di timbro, in questo caso, a inchiostro, a lacca, a fuoco o altro.

realizzati da artisti di tutto il mondo con ogni tecnica conosciuta.

Oggi alla funzione originaria di contrassegno di proprietà libraria si è sostituita quella di “piccola grafica d’arte dedicata”

Come molti, anch’io da sempre apponevo sul frontespizio dei miei libri la firma seguita dalla data sia per provarne la proprietà sia per ricordarmi l’anno d’acquisto uniti al piacere di vedere crescere la mia biblioteca personale. Questa abitudine è andata integrandosi nel corso del tempo con la mia mania di disegnare una veloce figura che in qualche modo si collegasse – direttamente o simbolicamente – ai contenuti, al titolo, all’autore o a qualche  del volume. Dato che il disegno veniva eseguito al momento, magari seduto in poltrona prima di iniziarne la lettura, non si tratta di un’opera grafica né di grande qualità grafica né risultante da uno studio approfondito. Anzi, tutt’altro, poiché nasceva sulla spinta di una intuizione estemporanea, di una intuizione o una ispirazione abbastanza casuali, spesso simili al disegno automatico che si auto-crea man mano che appare sulla carta.

É un meccanismo per certi versi abbastanza simile ai disegnini che si inventano liberamente quando si parla al telefono o si ascolta in sala un discorso o una conferenza che consente di concentrarsi – anche – su una seconda attività, tipo scarabocchiare sul bloc notes che si ha davanti.

Il mio blocco era il nuovo libro aperto e appoggiato sulle gambe accavallate e le tecniche grafiche utilizzate variavano in funzione di ciò che avevo a portata di mano: matite di varie spessore e durezza, pennarelli neri o a colori, raramente penna a stilo, insomma gli attrezzi da disegno che usavo per scrivere relazioni, sottolineare testi o disegnare nuove soluzioni progettuali o le idee che vengono a casa.

Il frontespizio rappresentava anche l’occasione per esercitare la mano dato che l’avanzare della grafica computerizzata ha progressivamente fatto perdere un’abilità che dovrebbe essere il pane quotidiano di chi frequenta il mondo dell’architettura, del design e dell’arte. 

Paolo Tomio